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Acufeni: curarli si può, ecco come!

Gli acufeni sono quei fastidiosi rumori (in genere fischi o ronzii) che tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo sentito. Tecnicamente si tratta di qualsiasi sensazione uditiva percepita nelle orecchie (o in testa) in assenza di uno stimolo sonoro esterno: quando la sua presenza diventa costante e cronica, l’impatto psicologico di questo disturbo può diventare invalidante. A rendere ancora più problematica la convivenza con l’acufene è la scarsità di informazioni e notizie sulla materia, oppure, ancor peggio, la diffusione di informazioni fuorvianti: una su tutte, l’invito ad abituarsi alla convivenza con questo tipo di disturbo.

È fondamentale tenere presente che l’acufene è un sintomo e non una vera e propria patologia. Nella maggioranza dei casi non dipende da malattie gravi, ma è semplicemente una conseguenza di un danno cocleare (localizzato quindi a livello dell’orecchio interno), a volte aggravato da altri problemi, come ad esempio le disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare, i disturbi muscolotensivi (a livello soprattutto della cervicale), vascolari e neurologici. A rendere l’acufene patologico e cronico, sono le sensazioni negative che sviluppa nel paziente.

Questo perché, dopo qualche tempo, gli acufeni vengono “centralizzati”, ovvero mantenuti e ricreati direttamente nel cervello, anche se la causa iniziale del disturbo non è più presente.

Ad oggi non esiste ancora un rimedio che guarisca in maniera definitiva il problema; nonostante tutti i limiti del caso, è giusto affermare che, ormai da tempo, risolvere il disturbo dell’acufene non è più un miraggio. Anzi, uno degli errori da non commettere è proprio quello di far credere al paziente il contrario.

La metodologia più efficace è sicuramente quella di eliminare le associazioni negative che si sono create in risposta all’acufene stesso, che viene percepito inconsciamente come una sorta di “pericolo”. Per farlo si utilizza una tecnica ormai riconosciuta in tutto il mondo, la TRT (Tinnitus Retraining Therapy), o anche terapia di riprogrammazione dell’acufene, attraverso la quale è possibile diminuire l’intensità del disturbo, migliorando l’adattamento fisiologico a livello centrale.

La TRT parte dal presupposto che tutti gli stimoli elettrici sonori che passano lungo le vie uditive, prima di giungere alla regione centrale corticale dell’udito e trasformarsi in suono cosciente, sono in realtà soggetti ad un filtraggio lungo alcune zone del sistema nervoso autonomo: questo permette di selezionarli in base alla loro natura e quindi diminuirne o amplificarne l’intensità, arrivando anche a sopprimerli completamente.

Questo è quello che succede, ad esempio, quando ci troviamo in un ambiente con l’aria condizionata; se in realtà sentiamo il rumore del dispositivo, in pratica non lo percepiamo. Il suono prodotto viene infatti considerato poco importante e di conseguenza inutile per il cervello, che non ce lo fa sentire.

Con il tempo e l’applicazione della TRT, che inizialmente prevede anche un’attività di counselling (la spiegazione del “fenomeno acufene”, da non sottovalutare per la sua portata psicologica), si potrà raggiungere questa capacità di filtraggio, non solo per i suoni irrilevanti, ma appunto anche per l’acufene, che non sarà più interpretato erroneamente dal nostro cervello, come uno stimolo di allarme assolutamente necessario da percepire.

Nel corso del colloquio con lo specialista, il paziente dovrà effettuare una serie di esami audiologici, da quelli di base a quelli più approfonditi. Passaggio fondamentale del colloquio sarà la spiegazione dei meccanismi fisio-patologici dell’acufene, molto spesso trascurati dagli specialisti per impreparazione o più frequentemente per la poca propensione a dedicare tempo al paziente.

Al di là degli aspetti psicologici, per contrastare il fenomeno dell’acufene esistono anche diverse terapie. dall’applicazione di generatori sonori personalizzati o ambientali, che riproducono suoni a varie frequenze e riducono il fastidio provocato dal disturbo favorendo il meccanismo dell’abitudine.

In alcuni casi vengono anche prescritte terapie farmacologiche, capaci di agire indirettamente ma in maniera efficace, con l’obiettivo di diminuire gli stati di ansia o depressione (pre-esistenti o conseguenti al disturbo stesso), facilitare il riposo e migliorare la funzionalità del microcircolo vascolare dell’orecchio interno. Da non sottovalutare le potenzialità di tecniche di rilassamento come agopuntura o yoga, oltre all’utilizzo di apparecchi ortodontici (bite), con lo scopo di alleggerire le tensioni muscolo-tensive a livello dell’articolazione temporomandibolare, spesso associati a questo tipo di disturbo.